La chiave biblica. Per una diversa interpretazione di Leopardi

La chiave biblica, poco adoperata nella critica leopardiana, rappresenta una possibilità diversa di interpretare Leopardi. Nel Poeta, che si dichiarava “difensore” di Giobbe e Salomone, davvero possono essere ritrovate la fede interrogante di Giobbe e l’infinita vanità del vero di Qohélet (o Ecclesiaste). Questo libro raccoglie gli studi biblico-leopardiani dell’autrice, riferiti soprattutto all’analisi dei libri di Giobbe e di Qohélet comparati con la vita e l’opera di Leopardi. Le due monografie Giobbe e Leopardi (2005) e Qohélet e Leopardi (2007), successivamente riunite in seconda edizione (2014), sono da tempo esaurite e vengono qui riproposte con nuove acquisizioni e note aggiornate. A queste si aggiungono due brevi saggi che completano l’analisi Giobbe-Leopardi. Il primo: La Lettera “bella e giudiziosa” di Luigi Uberto Giordani è stato da poco pubblicato su una prestigiosa Rivista scientifica. Il secondo: La Religione, il pregiudizio e il biblico “teorema contributivo” nella vita e nell’opera di Giacomo Leopardi è inedito e sviluppa ulteriormente il tema, centrale in Giobbe, cui l’autrice si sta dedicando negli ultimi anni. Infine, in Appendice, e accompagnata da poche note introduttive, viene proposta una lettera inedita di Monaldo Leopardi a dimostrazione dell’importanza che la religione, le pratiche devote e la stessa gestione “materiale” delle stesse, da sempre rivestivano per la famiglia Leopardi.

Presentazione il 9 maggio 2024 al Salone del Libro di Torino.

La Befana di Giacomo Leopardi (1810)

A Volumnia Roberti
Carissima signora
Giacché mi trovo in viaggio volevo fare una visita a Voi e a tutti li Signori Ragazzi della Vostra Conversazione, ma la Neve mi ha rotto le Tappe e non mi posso trattenere. Ho pensato dunque di fermarmi un momento per fare la Piscia nel vostro Portone, e poi tirare avanti il mio viaggio. Bensì vi mando certe bagattelle per cotesti figliuoli, acciocché siano buoni ma ditegli che se sentirò cattive relazioni di loro, quest’altro Anno gli porterò un po’ di Merda. Veramente io voleva destinare a ognuno il suo regalo, per esempio a chi un corno, a chi un altro, ma ho temuto di dimostrare parzialità, e che quello il quale avesse li corni curti invidiasse li corni lunghi. Ho pensato dunque di rimettere le cose alla ventura, e farete così. Dentro l’anessa cartina trovarete tanti biglietti con altrettanti Numeri. Mettete tutti questi biglietti dentro un Orinale, e mischiateli bene bene con le vostre mani. Poi ognuno pigli il suo biglietto, e veda il suo numero. Poi con l’anessa chiave aprite il Baulle. Prima di tutto ci trovarete certa cosetta da godere in comune e credo che cotesti Signori la gradiranno perche (sic) sono un branco di ghiotti. Poi ci trovarete tutti li corni segnati col rispettivo numero. Ognuno pigli il suo, e vada in pace. Chi non è contento del Corno che gli tocca, faccia a baratto con li Corni delli Compagni. Se avvanza qualche corno lo riprenderò al mio ritorno. Un altr’Anno poi si vedrà di far meglio.
Voi poi Signora Carissima avvertite in tutto quest’Anno di trattare bene cotesti Signori, non solo col Caffè che già si intende, ma ancora con Pasticci, Crostate, Cialde, Cialdoni, ed altri regali, e non siate stitica, e non vi fate pregare, perche (sic) chi vuole la conversazione deve allargare la mano, e se darete un Pasticcio per sera sarete meglio lodata, e la vostra Conversazione si chiamarà la Conversazione del Pasticcio. Frattanto state allegri, e andate tutti dove io vi mando, e restateci finche (sic) non torno ghiotti, indiscreti, somari scrocconi dal primo fino all’ultimo.
La Befana

(lettera senza data ma Recanati, 6 gennaio 1810)

Nota: trovandosi in casa Leopardi, può darsi che questa lettera non sia mai stata recapitata, come Moroncini dà per certo allegando “la soverchia libertà del dettato, e specialmente alcune parole di crudo realismo”, che avrebbero trattenuto i genitori di Giacomo “dal dare esecuzione allo scherzo, per quanto innocente”; come può darsi che vi sia tornata in tempo successivo, essendo stato Monaldo “erede fiduciario universale” della marchesa.

Il mese di DICEMBRE nelle Puerili di Giacomo Leopardi (1810)

L MESE DI DICEMBRE (1810)

Questa è pur la campagna, dove, non son, che tre mesi, i giorni passavo deliziosi, e ameni! Son pur quelle le opposte colline, di verde manto un tempo ricoperte!… E’ pur quello il prato, dove fra molli erbette, e pinti fiori uso era a deliziarmi! Quelli son gli alberi; quello il fiume, quella la marina, che al guardo mi offrivano un grato spettacolo! Oh come tutto cangiò d’aspetto!… Ecco il monte. Siede su’ d’esso rabbuffato il crudo verno. Il gelido scettro v’innalza sulle balze nevose. Tutto colà è tacito, tutto è romito, e l’orso fiero, e l’ingordo lupo fuggono anch’essi dalla fame cacciati. Il timido usignuolo, e il vispo cardellino non più vanno canticchiando di bosco, in bosco, e di ramo in ramo, ma invece fischia impetuosa l’invernal bufera, per cui spogliato ogni albero di verde fronda, mostra brinati i suoi rami, e collo stridulo lor frastuono l’orrore accrescono dell’urlo cupo di lontane grotte. Larghi strati di gelo ingombrano il prato, per cui geme, inceppata d’ogni erbetta, e d’ogni fiore la debil vita. Là dal montano, nativo sasso scende precipitoso il fiume, e seco trae romoreggiando le svelte quercie, ed i pesanti smisurati massi, e là dalla povera, affumicata cappanna, sporgendo il capo, attonito resta il semplice pastorello al vedere le fragorose acque spumanti. Neghittosi gli armenti nelle fumanti stalle si ricovrano, e intorno al focolare si asside ozioso il bifolco, e la saggia villanella le lunghe ore consuma col fuso, e la rocca. Il Sole or mostrasi, or fugge fra le squarciate, ammontichiate nubi, e scarso tributo manda di lontana luce. Oh deliziosa campagna, troppo a me grata io ti abbandono, né più mi vedrai finché non tornerai di un nuovo ammanto adorna.

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Friedrich e Leopardi

Nei dipinti di Friedrich (1770-1840), tipico esponente della Romantik, considerato il maggior rappresentante della pittura romantica in Germania, si ritrovano un senso profondamente panico della natura e la consapevolezza attonita e quasi dolorosa dell’insufficienza dell’uomo di fronte alla sua grandezza. L’attento e partecipe studio della natura, colta nella complessità dei suoi aspetti e nel variare delle ore e delle stagioni, quasi a simboleggiare le diverse età della vita, testimonia una visione intimamente religiosa. Anche qui, come in Leopardi, una Natura (con la n maiuscola) che sovrasta e quasi annichilisce l’uomo, muto di fronte ad essa. Ma quanto diversi gli esiti! Però Leopardi, pur ancora figlio del ’700 illuministico francese presenta non pochi aspetti romantici. Certi temi della poesia leopardiana come quelli dell’Infinito, dell’antichità, della rimembranza appartengono al romantico. Basti ricordare, come esempio, la pagina dello Zibaldone 171:

“Alle volte l’anima desidererà ed effettivamente desidera una veduta ristretta e confinata in certi modi, come nelle situazioni romantiche. La cagione è […] il desiderio dell’infinito, perché allora in luogo della vista, lavora l’immaginazione e il fantastico sottentra al reale“.

Panorama dal Monte Tabor (Colle de L’Infinito, Recanati)

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Lontano

mai dimenticato

il lieve tremor

di cipressi

oscura

un soffio di sole.

Ricordi antichi

appesi

ai muri piangenti.

sentore d’Infinito

dolcezza melanconica

e tocco la Vita.

(da: L. Marcon, Giacomo Leopardi e Recanati in “La scatola di latta”)

Il “soffio di sole” di ieri, là sul Colle…

Oggi 19 novembre 2022 la “dolcezza melanconica” di una pioggerella insistente e il paesaggio avvolto nella nebbia di una nuvola di passaggio.

La foto è di ieri…