“Un giallo a Napoli. La seconda morte di Giacomo Leopardi” (1 edizione Guida 2012 – 3 edizione aggiornata Guida editori, Napoli 2017)

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La rivelazione di Loretta Marcon in un libro indagine

Nuova ipotesi sulle spoglie dello scrittore

“Lo seppellirono nel cimitero delle 366 fosse”
di
Claudia Migliore
Napoli

Giacomo Leopardi potrebbe essere sepolto nel cimitero delle 366 fosse, vittima della spiccata passione del suo caro amico Antonio Ranieri per l’anatomia umana.
Lo svela a Metropolis Loretta Marcon che sull’argomento ha scritto anche il saggio “Un giallo a Napoli – la seconda morte di Giacomo Leopardi” (Guida 2012). Una ipotesi frutto di un’attenta ed approfondita ricerca durata anni.

“Napoli. Sono le 19.00 del 14 giugno 1837. In una camera da letto di un piccolo appartamento in Vico Pero n. 2, un uomo di 38 anni, pronunciando le parole “Non vedo più nulla, aprite le finestre” muore. Quell’uomo si chiamava Giacomo Leopardi”.

Il mistero dei sacramenti, le cause della morte, la falsa sepoltura, l’esumazione e la scoperta, l’urna di cristallo sparita, le spoglie in qualche modo trafugate, le bugie, le false dichiarazioni. Ci racconta brevemente cosa è riuscita a scoprire dalle carte, dai documenti, frugando negli archivi?

Avvicinarsi a queste vicende, che mostrano come la realtà possa superare la fantasia, è stato come entrare in una foresta intricata e piena di ostacoli. Il mistero avvolge fatti, avvenimenti e documenti a tal punto da scoraggiare ogni tentativo di sbrogliare la matassa. Mano a mano che proseguivo nelle ricerche nuovi sentieri si aprivano svelando nuove scoperte e consentendomi di formulare nuove ipotesi.
La verità e’ ancora avvolta nel dubbio ma dopo aver raccolto per anni qualsiasi pagina, scritto e indizio anche minimo intorno a questi argomenti una nuova verità si aggiunge alle tante formulate fino ad oggi. Un dato nuovo su tutti ha colpito la mia attenzione: la passione di Antonio Ranieri per la “notomia”, un aspetto della sua personalità pressocché sconosciuto, non solo a chi conosce Leopardi solo dai Manuali scolastici, ma anche a molti leopardisti. Un’attività che egli svolgeva, pur senza essere iscritto alla Facoltà di Medicina, presso l’Ospedale degli Incurabili che appare spesso in tutto il mio percorso di ricerca e che io considero luogo chiave nelle vicende di cui stiamo parlando.
Anche se gli archivi sono scomparsi unendo tutte le tessere di questo puzzle si e’ rivelata una prospettiva completamente diversa da quanto finora è stato scritto sull’argomento.
Riguardo a quella che viene chiamata, a mio parere impropriamente, conversione per me non esiste alcun mistero. E’ stato facile appurare, consultando le disposizioni canonistiche dell’epoca, l’obbligo dei parroci di mantenere un Libro dei morti in cui segnare scrupolosamente tutti i dati concernenti il decesso. Interessante è stato sfogliare proprio quel X Libro dei Morti della Parrocchia di Fonseca per accorgersi che quelle registrazioni non sono affatto uguali per tutti i defunti, anche se si era in tempo di colera e morivano migliaia di persone ogni giorno. E’ troppo lungo raccontare una ricerca come questa, complessa, lunga e difficile in cui si intrecciano anche fatti storici.

Secondo questa ricostruzione quindi chi o cosa sarebbe sepolto nel mausoleo del Parco di Virgilio a Napoli?

Quella stele, davanti la quale ho pur provato una emozione fortissima, io la considero ormai come un monumento alla grandezza di Leopardi.
Il contenuto di quella cassa che Antonio Ranieri fece credere contenere i resti del nostro grande Poeta e che invece contenevano poche ossa di uno sconosciuto, venne inumato nel 1939 quando avvenne con gran pompa la traslazione.
Anche allora senza appurare la verità. Eppure le voci scettiche, tra le quali quella del De Sanctis, si rincorrevano fin da poco tempo dopo la morte di Leopardi. Si aveva fretta di rinchiudere un caso imbarazzante sia per l’autorità civile che per quella ecclesiastica.

Nelle conclusioni del suo libro Lei arriva a formulare una nuova ipotesi in parte contraria anche ai certificati di morte e alle dichiarazioni dell’epoca. Può raccontarcela E raccontarci in base a quali elementi chiave l’ha formulata?

La mia ipotesi e’ che Antonio Ranieri con le sue innumerevoli verità abbia voluto nascondere qualcosa, un suo gesto, una sua azione. Che abbia portato il corpo all’interno dell’Ospedale degli incurabili che tanto bene conosceva forse per poter carpire il segreto della genesi di quella scintilla del genio che aveva reso immenso l’uomo.
All’epoca era già diffusa la frenologia, una dottrina pseudo scientifica che si proponeva di valutare le diverse zone morfologiche del cranio al fine di determinare le qualità psichiche e la personalità delle persone.
Aggiungo inoltre che il certificato di morte per idropericardia fu firmato dal medico Stefano Mollica mentre in tutte le sue diverse versioni Ranieri parla di un medico reale di nome Nicola Mannella. Permane un dubbio su questo personaggio che appare citato solo dal Ranieri e non ho trovato, nonostante le innumerevoli ricerche, segnalato in alcun archivio.
La mia ipotesi si fonda su tanti elementi, primo fra tutti l’attività “anatomica” del Ranieri, poi sul suo comportamento subito dopo il decesso dell’ “amico”, sulle bugie raccontate a ripetizione e sempre diverse a seconda dell’interlocutore, su quell’Ospedale che appare come un filo trasparente ma resistente in tutta la trama di questa vicenda.

In tutti questi anni di indagini, ricerche, viaggi a Napoli, a Recanati, per tentare di capire, per trovare una risposta ai tanti interrogativi, si è mai chiesta il perché di tutto questo? Perché Giacomo Leopardi, perché tanti misteri?

Mi sono chiesta sempre, ogni giorno durante questi anni e ancor prima, quali interessi fossero sottesi al voler seppellire la verità. Ma qui ne sono in gioco troppi, a partire da quello di Ranieri che seppe così sapientemente mischiare verità e menzogne in un nodo tale che risulta quasi impossibile penetrarvi. Anche la critica, ad esempio, nel caso della “conversione”, dovrebbe rivedere un po’ tutta la visione del pensiero del Poeta-filosofo che sembra essere ormai incasellato e sigillato. Qualcuno pensa che la conoscenza della sorte toccata a Leopardi (simile a quella che toccò a Mozart) non sia importante ai fini dell’Opera leopardiana. Personalmente ritengo, come già Gioacchino Taglialatela primo ad occuparsi approfonditamente di questi argomenti, che “de’ grandi uomini non solo sono da ritenere in gran conto le opere, ma sono da ricercare le notizie più minute, più intime della loro vita”.

(Metropolis, 13.10.2013)

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